10 miti da sfatare sull’immigrazione

10 miti da sfatare sull'immigrazione analizzati e spiegati, dati alla mano, da Concord Europe, confederazione di Organizzazioni Non Governative europee.

10 miti da sfatare sull'immigrazione10 miti da sfatare sull’immigrazione sono stati scelti con cura da Concord Europe, una confederazione di circa 3000 Organizzazioni Non Governative europee, che ha stilato un documento con lo scopo di contestarli singolarmente e con dati alla mano.
Il documento è stato realizzato in collaborazione con FICSIV, COSPE, PRO.DO.C.S., IPSIA/ACLI, ACTION AID, AMREF.

10 miti da sfatare sull’immigrazione

Vediamo quali sono i 10 miti da sfatare sull’immigrazione secondo Concord Europe e quali le principali argomentazioni che li confutano.
Il tutto è corredato dal link al documento originale in cui vengono riportate anche le fonti ed i riferimenti bibliografici relativi ai dati citati.

1. Un maggiore sviluppo nei Paesi di origine fermerà le migrazioni internazionali;
2. Si può ridurre l’immigrazione irregolare in Europa attraverso la cooperazione e gli aiuti allo sviluppo;
3. La maggior parte delle migrazioni avviene dai Paesi in via di sviluppo verso quelli più sviluppati, dai Paesi poveri verso le nazioni più ricche;
4. La migrazione ostacola lo sviluppo dei Paesi d’origine;
5. La migrazione beneficia solo gli individui che migrano, non i loro Paesi di origine;
6. I Paesi di destinazione non traggono benefici dalla migrazione;
7. In un’economia globale sempre più competitiva, l’Europa dovrebbe accettare solo migranti altamente qualificati;
8. I flussi di immigrati minacciano l’identità e i valori europei, portando ad uno scontro di culture;
9. L’Europa sta fronteggiando un’invasione di immigrati a causa di politiche di accoglienza troppo generose;
10. L’Europa non può accogliere ulteriori migranti;

Analizziamo ora singolarmente i 10 miti da sfatare sull’immigrazione riepilogando, in breve, quanto emerge dai dati presi in considerazione da Concord Europe.

1) Un maggiore sviluppo nei Paesi di origine fermerà le migrazioni internazionali

L’idea diffusa è quella che la povertà sia la causa principale delle migrazioni internazionali e si pensa che i migranti siano poveri e senza lavoro nei propri Paesi. Partendo da questo presupposto viene individuata una strategia per fermare l’emigrazione da questi Paesi che mira al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni, obbligate altrimenti a scegliere la migrazione come unica possibilità di sopravvivere o di migliorare la propria condizione di vita.
In realtà però, fa notare il documento di Concord Europe, i migranti non costituiscono quasi mai la classe più povera nel proprio Paese, proprio perché possono permettersi i costi dell’alternativa di vita costituita dal viaggio.

Inoltre i Paesi di provenienza sono soprattutto quelli in fase di crescita. Si è visto che l’emigrazione generalmente aumenta con lo sviluppo economico fino a quando i Paesi raggiungono un livello di reddito medio-alto. Solo successivamente al raggiungimento di questo livello di reddito la spinta a migrare diminuisce.
Nel 2015 l’organizzazione internazionale delle migrazioni ha chiarito che non esiste un collegamento diretto tra povertà, sviluppo economico, crescita della popolazione e cambiamento politico da un lato e migrazioni internazionali dall’altro.
La riduzione della povertà quindi non è di per sé una strategia efficace per la riduzione delle migrazioni.
Ci sono inoltre alcuni Paesi che scelgono di incentivare le migrazioni dei propri cittadini, si pensi alle Filippine o a tutti quegli altri Paesi in cui le rimesse degli emigrati incidono notevolmente ed addirittura possono essere più elevate dello stesso PIL nazionale.

2) Si può ridurre l’immigrazione irregolare in Europa attraverso la cooperazione e gli aiuti allo sviluppo.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare nelle liste dei Paesi prioritari della cooperazione non ci sono i Paesi da cui provengono la maggior parte dei migranti.
Lo scopo della cooperazione allo sviluppo e della cooperazione internazionale, tra l’altro, è quello di ridurre le cause delle disuguaglianze, non quello di ridurre il fenomeno delle migrazioni. I dati Frontex confermano, come affermato da Concord Europe, che cooperazione e migrazione non sono direttamente correlate.
Conseguentemente potrebbe addirittura essere controproducente concedere aiuti allo sviluppo con lo scopo di frenare le migrazioni, perché nel breve-medio periodo la spinta alla migrazione è sostenuta proprio dall’aumento relativo del benessere economico.

3) La maggior parte delle migrazioni avviene dai Paesi in via di sviluppo verso quelli più sviluppati, dai Paesi poveri verso le nazioni più ricche.

La percezione diffusa è che i Paesi sviluppati del Nord siano sommersi da un flusso massiccio di migranti provenienti dai Paesi poveri del Sud del pianeta e che i fenomeni migratori abbiano un unico verso lungo la direttiva sud-nord.
Analizzando le cifre però si nota che, anche se i fenomeni migratori risultano maggiori in termini assoluti, negli ultimi 25 anni il rapporto tra popolazione mondiale e migranti internazionali è rimasto stabile. Attualmente infatti si stimano nel mondo 232 milioni di migranti internazionali che costituiscono circa il 3% della popolazione mondiale, nel 1990 il rapporto era al 2,9%. Secondo Concord Europe gli allarmismi non sono giustificati da questi dati.

Inoltre la maggioranza dei flussi migratori è tra Paesi poveri, tra un Paese in via di sviluppo e un altro. La direttiva dei flussi migratori dal sud al nord del mondo infatti è relativa ad un flusso dell’1% della popolazione mondiale ed è questa la percentuale su cui si dibatte di più attualmente.

4) La migrazione ostacola lo sviluppo dei Paesi d’origine.

Attraverso le rimesse di denaro, le competenze, la tecnologia, come anche i modelli di governo, i valori e le idee, i migranti contribuiscono notevolmente allo sviluppo dei propri Paesi d’origine, ancor di più rispetto a quanto contribuiscono alle società di destinazione.
L’espressione “fuga di cervelli” dovrebbe essere sostituita con “flusso di competenze” considerando non lo spostamento in un’ottica unidirezionale ma considerando più oggettivamente anche il Paese di destinazione che guadagnerebbe i “cervelli” in fuga. In questa prospettiva la visione della “fuga di cervelli” non verrebbe interpretata esclusivamente come un impoverimento del Paese di origine, ignorando i fenomeni complessi innescati dai flussi di competenze.

Per fare un esempio che smentisce tale presunto impoverimento che impoverisce ed ostacola lo sviluppo dei Paesi di origine, vengono citati vari studi sul personale sanitario africano che dimostrano come la migrazione non impatta negativamente sulla mortalità infantile, sui tassi di vaccinazione, sulle infezioni respiratorie nei bambini e la loro cura, e sulla diffusione dell’HIV. Al contrario, i Paesi con i più alti flussi di medici verso l’estero, come Algeria, Ghana, o Sud Africa, tendono ad avere i più bassi tassi di mortalità infantile. Inoltre in queste stesse Nazioni il numero di operatori rimasti si è dimostrato sufficiente a garantire che il sistema sanitario non collassasse.
Ampiamente provato anche che la migrazione non migliora solo il trasferimento di competenze e tecnologia, ma persino di valori democratici.

5) La migrazione beneficia solo gli individui che migrano, non i loro Paesi di origine

Grazie allo sviluppo delle comunicazioni, la maggior parte dei migranti mantiene fitte relazioni con il proprio Paese di provenienza. Concord Europe prende in considerazione diversi aspetti (competenze, conoscenze acquisite dai migranti nel Paese di destinazione, ecc.) ma quello che pare maggiormente convincente è quello legato alle rimesse dei migranti ricavato da un dato diffuso dalla Banca Mondiale: nel 2014 il totale delle rimesse ammontava a circa 427 miliardi di dollari, il doppio del denaro stanziato dai Paesi ricchi per l’aiuto allo sviluppo.
Sempre secondo la Banca Mondiale, in 11 Paesi dell’America Latina e dei Caraibi, sono stati proprio i risparmi degli emigrati le risorse finanziarie che più “hanno contribuito a ridurre il livello di povertà e di disuguaglianza”.

6) I Paesi di destinazione non traggono benefici dalla migrazione

Si pensa spesso che i migranti rappresentino un onere economico per i Paesi in cui si stabiliscono perché causano una pressione sul welfare.
Concord Europe rileva che le cifre dicono che i 2/3 dei migranti internazionali (tra cui i rifugiati) fanno parte della popolazione attiva. In Italia 1 milione di immigrati sono collaboratori domestici e questi lavoratori offrono enormi vantaggi all’economia dei Paesi di destinazione. Nel corso degli ultimi 10 anni, gli immigrati hanno infatti rappresentato il 70% dell’aumento della forza lavoro in Europa.

Molto spesso inoltre, i migranti contribuiscono di più in tasse e contributi sociali, rispetto ai benefici che ricevono. La migrazione fa infatti aumentare la percentuale della popolazione in età lavorativa, e di conseguenza fa crescere l’economia. La convenienza dei Paesi di destinazione è nel mantenere produttiva e viva la società oltre che avere un tornaconto meramente economico in sistemi previdenziali come quello Italiano che è pressato dall’invecchiamento della società.

7) In un’economia globale sempre più competitiva, l’Europa dovrebbe accettare solo migranti altamente qualificati

Anche in questo caso il mito viene presto sfatato dai dati che mettono in evidenza come, ad esempio, tra il 2000 e il 2008, i lavoratori meno qualificati abbiano contribuito per il 20% alla crescita occupazionale totale nei Paesi dell’UE, con un tasso di crescita del 22%, rispetto ad un tasso medio del 10%.
Le occupazioni con qualifiche più basse costituiscono la maggioranza dei posti di lavoro nel mercato europeo. Ad esempio, in Italia si prevede che il 40% del fabbisogno futuro di lavoratori sia costituito da manodopera con un basso livello di istruzione.

8) I flussi di immigrati minacciano l’identità e i valori europei, portando ad uno scontro di culture

In questo caso si fa appello alla storia e si invita a guardare i fenomeni migratori con uno sguardo globale ed in prospettiva più lunga. La storia ci insegna che le migrazioni sono parte dell’evoluzione della società umana. Le diverse culture si sono da sempre influenzate ed arricchite reciprocamente grazie al fatto che gli individui si sono spostati attraverso le frontiere. Il pericolo attuale evidenziato da Concord Europe è che da un lato noi Europei costruiamo le nostre identità su culture differenti (a volte senza neanche saperlo) e dall’altro non riusciamo a riconoscere gli apporti e i contributi che altre culture possono dare alla nostra stessa identità.

9) L’Europa sta fronteggiando un’invasione di immigrati a causa di politiche di accoglienza troppo generose

Concord Europe sfata anche questo mito facendo notare, tra le altre motivazioni, che per i migranti extra UE è in realtà molto difficile accedere al welfare dei Paesi europei che è molto spesso subordinato ad alcune condizioni restrittive: ad esempio il sistema sanitario italiano è piuttosto generoso ma, in Francia, uno straniero deve avere il permesso di soggiorno e un permesso di lavoro per almeno 5 anni perché possa usufruire dei benefici del reddito di solidarietà.

10) L’Europa non può accogliere ulteriori migranti

La percentuale totale dei migranti che possono richiedere asilo politico negli ultimi anni è notevolmente cresciuta. L’UE secondo le leggi internazionali ha degli obblighi nei confronti di chi fugge dalle persecuzioni. I rifugiati hanno il diritto di asilo secondo l’articolo 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 e la Convenzione Europea dei Diritti Umani. Quindi tutti gli Stati devono assicurare accesso alle persone che necessitano protezione. I rifugiati o i richiedenti asilo non dovrebbero tornare dove le loro vite potrebbero essere messe a rischio.

Alcuni leader politici e cittadini europei spesso percepiscono in modo drammatico l’attuale flusso migratorio verso l’Europa, ma vediamo alcune di queste cifre: 430,000 rifugiati e migranti sono l’equivalente di 6 su 10.000 cittadini europei. Persino se concentrati in Germania e Svezia, dove sono diretti la maggior parte di coloro che attraversano il Mar Mediterraneo, questi migranti rappresenterebbero meno del 1% della popolazione nazionale, anche in Italia sarebbero pari allo 0.7% della popolazione. Queste percentuali si ricavano considerando i 430.000 rifugiati e migranti, registrati al settembre 2015, che equivalgono a 6 su 10.000 cittadini europei.

Conclusioni sui 10 miti da sfatare sull’immigrazione

Il documento sui 10 miti da sfatare sull’immigrazione si conclude con delle considerazioni generali e l’invito all’UE ed agli Stati membri a facilitare le migrazioni con un approccio basato sui diritti, in linea con l’obiettivo 10.7 dell’Agenda 2030 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

Si afferma poi che l’UE e i suoi Stati membri devono garantire canali legali e sicuri per gli individui che necessitano protezione all’interno dell’Unione europea come unica soluzione per prevenire la perdita di vite umane, preservare la dignità umana e rispettare gli obblighi internazionali delle leggi sui diritti umani e dei rifugiati. Inoltre, l’esistenza di canali legali per l’accesso all’Europa è l’unico modo per combattere i contrabbandieri e i trafficanti.

È necessaria una maggiore solidarietà fra gli Stati membri. La situazione eccezionale che Paesi come la Grecia e l’Italia stanno affrontando, necessita misure eccezionali, incluso uno sforzo maggiore per la riallocazione, così come un sostegno maggiore per rafforzare quei soggetti che nei Paesi di frontiera si occupano degli sbarchi.
Inoltre, gli Stati membri dovrebbero istituire canali sufficientemente sicuri, legali e trasparenti per i migranti che vengono in Europa per motivi di lavoro e che hanno diversi livelli di abilità, in modo tale da riflettere le reali esigenze di lavoro dell’Unione europea.

Trovate a questo LINK il documento ricchissimo e completo, nella versione italiana, con tutti gli approfondimenti, i riferimenti bibliografici e quelli alle fonti.

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