La prossemica e il coronavirus

La prossemica e il coronavirus: un mix di competenze comunicative extralinguistiche, DNA culturale ed esperimenti sociologici di massa.

Guarda il video su com'è cambiata la prossemica con il Covid-19La prossemica e il coronavirus sarà uno dei temi, anche di identità culturale, con cui ci dovremo tutti confrontare se non lo stiamo già facendo. Con l’arrivo in Italia del nuovo coronavirus Covid-19 il governo, per contrastare la diffusione del contagio, ha emanato “misure di distanziamento sociale”, una brutta espressione che indica il rispetto di distanze di sicurezza anti-droplets, le piccole goccioline emanate con il respiro che possono raggiungere distanze fino a quasi due metri.
Queste misure, che possono sembrare banali per anglosassoni o asiatici, forse lo sono un po’ meno per noi popoli latini e ci hanno inevitabilmente portato a riflettere sulla prossemica, uno dei codici extralingusitici, e su come questo linguaggio non verbale sia di fondamentale importanza nella comunicazione e forse ora più che mai ce ne stiamo rendendo conto.
Tale aspetto della comunicazione extralinguistica è senz’altro sempre presente ai docenti di italiano L2 in chiave interculturale e sicuramente i primi a notare le differenze siamo stati noi insegnanti di italiano a stranieri che siamo abituati, essendo maggiormente esposti al contatto con altre culture, a prestare attenzione anche ai codici comunicativi non verbali.

La prossemica e la competenza comunicativa

Per definizione la prossemica è lo “studio dell’uso che gli individui fanno dello spazio sociale e personale”. Tutti noi viviamo in una specie di bolla spaziale che rappresenta in un certo senso la nostra intimità; uno spazio in cui non tutti possono accedere a proprio piacimento. La distanza varia di volta in volta a seconda del contesto, del rapporto sociale e della cultura di appartenenza.

Nella didattica delle lingue la prossemica rientra nei linguaggi non verbali. Secondo la definizione di Balboni per competenza comunicativa, infatti, si intende “la capacità di usare tutti i codici (verbali e non) per raggiungere i propri fini nell’ambito di un evento comunicativo”. Si attribuisce dunque un valore fondamentale anche ai linguaggi non verbali. Questo anche perché non sempre il codice verbale è il principale veicolo di trasmissione dei messaggi: spesso infatti sono soprattutto le componenti non verbali della comunicazione quelle che forniscono una prima chiave di interpretazione.

Come il codice verbale è regolato da norme interne e condivise, così anche i codici non verbali seguono norme convenzionali che variano da cultura a cultura.

L’infrazione delle norme prossemiche, che regolano la distanza interpersonale, può generare alcuni incidenti interculturali, cioè far interpretare come aggressivi e invasivi dei movimenti di avvicinamento che hanno un significato diverso nella cultura di chi li ha compiuti.

La prossemica e il coronavirus sono quindi argomenti strettamente legati perché la presenza del Covid-19 impatta pesantemente su un insieme di regole comunicative extralinguistiche che connotano culturalmente gli individui.

Prossemica: come varia nelle culture

Le culture nord-mediterranee ritengono che la sfera dell’intimità, la bolla, sia data dalla distanza di un braccio teso: che si avvicina di più invade il campo dell’altro, mettendolo a disagio e dandogli la sensazione di essere aggredito (se poi questa invasione si unisce ad un accentuato movimento delle mani ed un tono di voce alto, tipici delle culture Mediterranee, la sensazione di un nordeuropeo di essere aggredito si trasforma in certezza e genera una reazione). Ma nel Mediterraneo arabo spesso chi parla tocca l’interlocutore sul petto o sul braccio.

Al capo opposto troviamo gli europei non mediterranei e gli americani che richiedono che ciascuna bolla sia rispettata, per cui i due interlocutori restano a distanza di un doppio braccio.

Quanto al contatto laterale vigono svariate regole: molti mediterranei si prendono a braccetto (addirittura per mano nei paesi arabi) anche tra uomini, cosa esclusa nel nord Italia e nel resto d’Europa. Anche nelle zone rurali dell’Oriente sopravvive l’abitudine di prendersi per mano tra persone dello stesso sesso, ma in Giappone il prendersi a braccetto ha una connotazione sessuale, così come il camminare molto vicini, a contatto di spalla, anche se la ragazza sta qualche centimetro avanti.

In Italia, e non solo, è comunissimo salutarsi con una stretta di mano e addirittura accostando le guance per scambiarsi dei baci amichevoli. In Svizzera, ma anche in Francia ed in Russia il saluto prevede addirittura tre baci. Questo tipo di saluto che prevede un contatto fisico è del tutto escluso in Paesi come il Giappone o l’India.

In TV, infine, è comune, nelle trasmissioni italiane e non solo, vedere conduttore e ospite a brevissima distanza, gomito a gomito, con inquadrature di conseguenza molto strette.

La prossemica e il coronavirus

Prossemica e coronavirus

A causa dell’emergenza Covid-19 molti governi, tra cui anche quello italiano, hanno emanato alcuni provvedimenti per stabilire delle nuove norme prossemiche che includono la distanza minima di un metro tra le persone, evitare il contatto fisico, evitare luoghi affollati ecc.
Sarà molto difficile per i popoli latini, e forse non solo per loro, rispettare queste nuove norme, anche se speriamo vivamente che siano prese sul serio.
I sociologi preannunciano già che sarà il più grande esperimento sociologico di massa mai messo in atto e si apprestano a seguirlo con grande interesse confidando nella capacità della società di riadattarsi e reagire efficientemente all’emergenza ricorrendo a strategie che vanno dallo smart working, ai corsi online, fino a nuove forme originali di saluto.

In molti Paesi iniziano ad intravedersi i primi effetti di queste nuove regole prossemiche. È così che il ministro dell’Interno Horste Seehofer ha rifiutato di stringere la mano alla Cancelliera Angela Merkel in occasione di un incontro sull’immigrazione a Berlino, oancora proliferano nuovi saluti alternativi: nessuna stretta di mano, meglio toccarsi con il piede. Il saluto sembra sia stato ideato dal presidente della Tanzania John Magufuli durante il benvenuto a palazzo al leader dell’opposizione Maalim Seif Sharif Hamad. Il saluto “dei piedi” è stato prontamente rinominato “Wuhan Shake”.

Ovviamente anche in Cina i saluti sono stati ridimensionati tant’è che si è ritornati al Bao Quan Li, il saluto classico delle arti marziali (pugno chiuso nella mano aperta con inchino), che non prevede un contatto fisico.

Nella cultura americana invece pare sia più in voga, come sostituto della classica stretta di mano, un contatto tra gomiti (elbow bump) già adottato nel 2006, ai tempi dell’influenza aviaria.

Anche nelle trasmissioni televisive si inizia a notare una distanza maggiore tra conduttori e ospiti intervistati, cosa che richiede inevitabilmente delle inquadrature più larghe a cui il telespettatore non è abituato.

Certo è che rispettare una grammatica prossemica è assai complesso visto che la prossemica così come gli altri codici extralinguistici fanno parte del nostro DNA culturale (ed a proposito di prossemica e coronavirus parlare di acidi nucleici non è fuoriluogo!), non si imparano sui libri, sono quasi innati e per questo diventa difficile poterli controllare e catalogare.
Gli insegnanti di italiano per stranieri avranno dunque nuovi codici di riferimento da trasmettere ai propri studenti, da inquadrare ovviamente in questo particolare periodo storico, ma che potrebbero diventare abitudini cristallizzate nell’uso.
Siamo sicuri che di prossemica e coronavirus sentiremo ancora molto discutere.

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