Le certificazioni di didattica dell’italiano a stranieri
Le certificazioni di didattica dell’italiano a stranieri che attestano la competenza didattica nell’insegnamento dell’italiano a stranieri si sono sempre più diffuse. Le più note certificazioni in didattica dell’italiano a stranieri sono fondamentalmente tre:
– La Certificazione CEDILS dell’Università Ca’ Foscari di Venezia (le cui prove d’esame vengono valutate dal Laboratorio ITALS)
– La certificazione DILS-PG (di I e II livello) dell’Università per Stranieri di Perugia (le cui prove d’esame vengono valutate dal CVCL)
– La certificazione DITALS (di I e II livello) dell’Università per Stranieri di Siena (le cui prove d’esame vengono valutate dal Centro Ditals)
In pochi sanno che le prime due certificazioni di didattica dell’italiano a stranieri (la certificazione Ditals e la certificazione Cedils), nascono ad opera del Prof. Paolo E. Balboni che crea la certificazione Ditals a Siena e la ripropone, con un nome differente, una volta trasferitosi a Venezia. Inizialmente non avevano sostanziali differenze, ma si sono differenziate in seguito. La più giovane certificazione è invece la certificazione Dils-PG.
Cosa sono le certificazioni di competenza in didattica dell’italiano a stranieri
Prima di passare ad un confronto tra le certificazioni di italiano a stranieri però, ci corre l’obbligo di capire meglio cosa siano queste certificazioni, perché spesso sui siti Internet ufficiali, non c’è traccia di una presentazione della certificazione e si passa direttamente ad elencare date d’esame, date dei corsi, sedi e costi.
Partiamo in primo luogo dal concetto di certificazione. L’Italia ci arriva un po’ in ritardo rispetto agli altri Paesi perché, per dirla con Balboni “la certificazione è un concetto mercantile legato alla spendibilità sociale” mentre la lingua italiana era considerata una lingua “di cultura” più che “di mercato”; quest’idea dell’italiano ha condizionato la nascita delle certificazioni.
Le certificazioni sono dei titoli culturali, dei titoli che sono valutabili in graduatorie interne, nei concorsi per l’assunzione di personale, per l’attribuzione di scatti di carriera, per l’attribuzione di borse di studio e/o di crediti universitari. Fate attenzione alle parole, rileggete la frase precedente. C’è scritto “valutabili”, non “valutate”. Esplicitando questa differenza possiamo dire che un titolo culturale potrebbe riconoscere, ma non garantire, crediti formativi; potrebbe dare, ma non garantisce punteggio nei concorsi e attualmente potrebbe aiutare a trovare un lavoro ma non ne garantisce alcuno.
A causa della pluralità di titoli, delle differenze tra le certificazioni, dei criteri non unificati di valutazione delle prove sostenute dai candidati, in una parola dalla frammentarietà del panorama italiano, si è atteso molto per avere una valutazione univoca, almeno in Italia, da parte del MIUR.
Il Ministero si è pronunciato nel 2016 riconoscendo le certificazioni di II livello (Cedils, Dils-PG II e Ditals II) come titoli di specializzazione in italiano L2 e quindi acclarando finalmente che si tratta di titoli, in tutto e per tutto equipollenti, che attestano le stesse competenze.
Per l’estero invece, la validità di un titolo dipende sempre dagli ordinamenti dei singoli Stati e delle singole istituzioni. In alcuni stati (vogliamo chiamarli più pragmatici?) è sufficiente essere capaci di insegnare, essere esperti, per farlo; in altri è necessario un titolo, uno qualunque, a volte anche un esame universitario in didattica.
Vi è quindi una certa discrezionalità nella valutazione delle certificazioni; il pronunciamento del MIUR in questo senso è un faro che consente una valutazione univoca di questi titoli culturali. Valutare una certificazione in modo diverso da un’altra equipollente secondo il MIUR, almeno nei casi in cui si tratti di istituzioni Italiane all’estero, costituirebbe una irregolarità se non addirittura un abuso.