L’insegnamento dell’italiano agli studenti stranieri in tutte le scuole

L'insegnamento dell'italiano agli studenti stranieri in tutte le scuole suscita critiche e interesse. Un master ad hoc per semplificare il conseguimento dei requisiti di accesso alla A23.

Insegnamento dell'italiano agli studenti stranieri in tutte le scuole con la A-23Per potenziare l’insegnamento dell’italiano agli studenti stranieri in tutte le scuole il Ministro Valditara ha firmato, a novembre 2024, un decreto che stanzia 12,8 milioni di Euro a favore delle scuole con classi in cui la presenza di studenti stranieri che entrano per la prima volta nel sistema scolastico italiano supera il 20%, dichiarando che: “Il decreto è un passo concreto e significativo verso un sistema educativo capace di includere realmente i ragazzi stranieri, non solo a parole. Come Ministero e Governo, siamo fermamente impegnati a garantire a tutti gli studenti, indipendentemente dalla loro provenienza, uguali opportunità di successo scolastico e sociale. Per contrastare la dispersione scolastica, che tra gli studenti stranieri ha raggiunto livelli preoccupanti superiori al 30%, a fronte del 9,8% degli italiani, offriamo misure concrete e risorse adeguate. Vogliamo che questi giovani abbiano accesso a percorsi formativi mirati per acquisire una solida conoscenza della lingua italiana, che è condizione essenziale per una effettiva integrazione.“.

Sul sito del ministero il comunicato stampa specificava poi che le risorse previste dal decreto sono destinate, previo avviso pubblico di adesione, alle scuole per percorsi formativi di potenziamento dell’insegnamento dell’italiano agli studenti stranieri entrati per la prima volta nel sistema scolastico, a seguito di accertamento del livello di conoscenza della lingua italiana.

Insegnamento dell’italiano agli studenti stranieri in tutte le scuole: reazioni al provvedimento e ambito di applicazione

Le reazioni dei docenti sono state articolate. Ad esempio si è gridato allo scandalo sia per il riferimento all’integrazione piuttosto che all’inclusione. Ha suscitato preoccupazione la previsione della percentuale di apprendenti stranieri in classe oltre la quale è possibile l’accesso ai percorsi di potenziamento dell’italiano per stranieri.
Si è paventato il pericolo di una ghettizzazione di fatto degli studenti di madrelingua non italiana perché la norma incoraggerebbe a concentrare questi apprendenti in una o più classi in modo tale da consentire agli istituti di accedere ai programmi di potenziamento linguistico. In realtà per legge gli studenti alloglotti vanno distribuiti uniformemente nelle classi.

Va detto poi che la norma non fa riferimento genericamente ad apprendenti alloglotti ma prevede un ambito di applicazione più ristretto, in particolare si riferisce agli studenti stranieri “di prima generazione” e cioè quegli studenti che “entrano per la prima volta nel sistema scolastico italiano”.
Inoltre è previsto un preventivo accertamento del livello di conoscenza della lingua italiana individuando questo livello minimo nell’A2.
I corsi di potenziamento si terranno in orario extra scolastico a partire dall’anno 2025/26 e secondo le dichiarazioni del ministero gli insegnanti specializzati per l’insegnamento della lingua italiana agli stranieri verranno formati ad hoc.

L’insegnamento dell’italiano agli studenti stranieri in tutte le scuole: una classe di concorso tra criticità e prospettive

Il provvedimento tocca un nervo scoperto, quello della classe di concorso A-23, istituita nel 2016 proprio per l’insegnamento dell’italiano agli studenti stranieri.
Un coordinamento di docenti ha promosso un documento denominato “Criticità della classe di concorso A-23” firmato da oltre 600 tra docenti, studiosi e operatori dell’educazione. Tale documento è stato consegnato al ministero.

In una lettera aperta i docenti fanno notare che le figure competenti per l’insegnamento della lingua italiana agli stranieri sono già previste e presenti nella scuola pubblica, ma non in numero sufficiente. Nell’organico dei CPIA (i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti) le uniche scuole in cui al momento è prevista questa classe di concorso ci sono mediamente solo due docenti di italiano per stranieri.
Viene quindi richiesta ed auspicata l’istituzione di cattedre di italiano per stranieri in tutte le scuole e l’aumento di quelle previste nei CPIA.

Il sospetto del coordinamento di docenti che ha promosso l’iniziativa è che il decreto Valditara non vada nella direzione giusta e che sia tutt’altro che risolutivo.
Per diversi motivi. Ad esempio perché l’ambito di applicazione è ridotto dalla previsione della percentuale del 20% degli studenti che non abbiano il livello A2. Potrebbe anche apparire sproporzionato quindi lo stanziamento delle somme rispetto all’effettivo ambito di applicazione.
Altra critica mossa al provvedimento dai docenti di A-23 riguarda il livello minimo di competenza linguistica individuato nel livello A2 che è oggettivamente un livello troppo basso per incidere sul rendimento scolastico.

La soluzione proposta dai docenti di A-23 non è quella di corsi ad hoc ma appunto l’estensione a tutte le scuole della classe di concorso A-23 piuttosto che relegare l’insegnamento dell’italiano L2 ai soli CPIA.

In base ai nuovi provvedimenti dal prossimo anno scolastico i CPIA potrebbero richiedere in organico un numero maggiore di docenti di A-23, in previsione di una richiesta da altre scuole che li inserirebbero nell’organico di fatto.
Nella lettera aperta dei docenti di A-23 si legge che: “Come insegnanti della classe di concorso A023 ci siamo mobilitati per chiedere che i posti di lingua italiana per stranieri siano presenti stabilmente in tutte le scuole e non solo nei CPIA. Ma già con la normativa attuale, esiste la possibilità per i presidi di chiedere insegnanti di A023 come docenti di potenziamento. Non è detto che poi gli uffici scolastici regionali li concedano. Ma davanti ad una richiesta massiva di A023 da parte dei dirigenti scolastici, anche gli Uffici scolastici regionali sarebbero costretti a richiamare l’attenzione del Ministero, e i rappresentanti dei genitori potrebbero sicuramente avere un ruolo di pressione sui presidi e sugli uffici scolastici in questo senso.

Requisiti di accesso alla classe di concorso A-23: un nuovo master per semplificare

Nel frattempo si registra un rinnovato interesse per questa classe di concorso che è probabilmente una delle classi con requisiti di ammissione più complessi di altri per diversi motivi.
Prima di tutto perché, oltre all’integrazione del piano di studi con esami e crediti, è richiesto un titolo congiunto costituito da un titolo di specializzazione in italiano L2.
In secondo luogo perché la tabella del Decreto Ministeriale 259/2017 che detta i requisiti di accesso alla classe di concorso è nata in un momento storico in cui le modalità di reclutamento erano in fase di cambiamento. Alcune previsioni normative, stabilite in quel decreto e nella relativa tabella, fanno riferimento solo al concorso 2016 ad esempio. Non è però esplicitato perché la tabella nasceva per quel concorso e non era necessario farlo. Nei successivi riutilizzi e rimaneggiamenti della tabella relativa alla A-23 questi riferimenti non sono stati espunti. Sono proprio queste indicazioni, ormai fuorvianti, che rendono ancora difficile l’interpretazione dei requisiti di accesso alla A-23, anche dagli addetti ai lavori.
Non tutti infatti hanno seguito le vicende di questa classe di concorso e non tutti hanno quindi una sufficiente memoria storica che consenta di ricostruire e tener conto della ratio di alcune “incrostazioni normative”.
Il nostro ateneo telematico di rifermento ha da pochissimo istituito un master per il completamento dei requisiti di accesso alla classe di concorso A-23 che prevede un piano di studi con esami con specifiche denominazioni (per chi proviene da lauree vecchio ordinamento) ed un numero di crediti nei diversi settori scientifico disciplinari necessari per la A-23 proprio per integrare i CFU mancanti nel piano di studi dei  docenti che aspirano a questa classe di concorso.

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