La formazione dei docenti CLIL, con particolare riferimento alle certificazioni linguistiche ed alle competenze metodologiche, è stata al centro di uno dei più interessanti seminari tenutisi a Fiera Didacta 2022 che si è svolta a Firenze nei giorni 20-22 maggio 2022.
Il seminario su certificazioni linguistiche e CLIL per la formazione docenti ha aperto la seconda giornata di Fiera Didacta ed è stato promosso dal Ministero dell’Istruzione; ha visto la partecipazione di docenti CLIL, dirigenti del Ministero dell’Istruzione e l’illuminante intervento della Prof.ssa Carmel Mary Coonan, Ricercatrice Senior dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Si discute e si discuterà molto di CLIL perché, dopo il primo provvedimento del 2012 è in attesa della firma un nuovo decreto su formazione e metodologia CLIL, innovativo rispetto al precedente perché il CLIL vedrà l’estensione alle scuole di ogni ordine e grado.
Mentre nel 2012 si parlava di CLIL solo per la secondaria di secondo grado (il CLIL ordinamentale a cui si fa riferimento attualmente), il prossimo decreto accoglie la linea già indicata dalla legge 107 (c.d. La buona scuola) ed estende il CLIL anche alla scuola dell’infanzia, alla scuola primaria ed alla scuola secondaria di primo grado.
AGGIORNAMENTO “DECRETO CLIL”
Lo scorso 23 giugno è stato emanato il decreto di cui abbiamo parlato in questo articolo ed è possibile scaricare il testo del decreto dipartimentale su “Metodologia CLIL – Aspetti caratterizzanti dei corsi di perfezionamento per la metodologia CLIL rivolti ai docenti” che è possibile scaricare da questo link sul sito del MIUR.
Il decreto disciplina gli aspetti caratterizzanti dei corsi di perfezionamento per la metodologia CLIL rivolti ai docenti in servizio nelle scuole dell’infanzia e primaria e dei corsi di perfezionamento per l’insegnamento con metodologia CLIL di discipline non linguistiche in lingua straniera rivolti ai docenti in servizio nelle scuole secondarie di primo e secondo grado.
Cosa succederà ora?
A rispondere a questa domanda, con un post sul suo profilo Facebook, è l’ispettore del MIUR Max Bruschi che scrive: “In attesa delle indicazioni ANVUR sui requisiti per l’attivazione da parte degli Atenei e dei bandi, restano a mio avviso alcune questioni da affrontare. La prima, riguarda la valutazione dei percorsi e del loro impatto, da iniziare a impostare partendo dalle esperienze concrete nelle istituzioni scolastiche; la seconda, la continuità da dare all’iniziativa, al fine di attuare stabilmente la parte ordinamentale alla secondaria e di sviluppare la metodologia nel primo ciclo, continuità che richiede fondi stabili (i percorsi previsti sono il frutto di risorse non spese, fortunosamente recuperate); la terza, la concatenazione con quanto le ultime norme prevedono in materia di formazione in servizio.”
Nel decreto del 23/6/2022, a dieci anni dal precedente intervento normativo, si prevede che il profilo del docente sia corredato da un livello di competenza linguistica B2 per la scuola primaria, mentre per la scuola secondaria il livello di competenza linguistica richiesto è un C1.
Inoltre vengono date indicazioni per vari ambiti: linguistico, disciplinare (solo per la scuola secondaria) e metodologico-didattico.
Le indicazioni date per il profilo della disciplina vengono fornite per la scuola secondaria; tuttavia anche nella scuola primaria è necessaria una conoscenza linguistica relativa ai contenuti della disciplina.
Il collegamento lingua-disciplina tuttavia non riguarda, contrariamente a quanto comunemente si immagina, solo il lessico e la terminologia.
Nel suo intervento la Prof.ssa Coonan ha rimarcato come sia necessario da parte del docente la conoscenza della varietà linguistica della propria disciplina, ma anche i tipi e i generi testuali che vengono presentati agli studenti.
Avere consapevolezza delle caratteristiche linguistiche e dei generi testuali si traduce infatti nella capacità del docente di prendere decisioni sulle competenze da trasmettere agli studenti e cominciare a prevedere lo sviluppo linguistico in questo ambito degli studenti stessi.
Formazione dei docenti CLIL: le competenze linguistiche
In primis, ovviamente, è il docente che deve avere questa competenza, conoscenza e consapevolezza. Solitamente il docente della disciplina ha competenza e conoscenza ma non ha consapevolezza della natura di tipi e generi testuali perché non viene fornita ai docenti disciplinaristi una “educazione linguistica”.
Sfortunatamente capita spesso che i docenti della scuola italiana non abbiano una educazione linguistica, perché il loro iter accademico non fornisce loro questo tipo di formazione, che gli consentirebbe invece, ove posseduta, di promuovere la competenza accademica degli studenti.
A questo proposito la Prof.ssa Coonan citava l’interessantissimo lavoro svolto da Helmut Johannes Vollmer nel progetto Europeo “Languages of Schooling” in cui si opera la distinzione tra “external plurilingualism” (l’aggiunta di più lingue al repertorio dello studente) e “internal plurilingualism” (l’aggiunta di più varietà linguistiche all’interno di un’unica lingua, sviluppando una competenza discorsiva accademica).
Questa “competenza plurilinguistica interna”, sia in lingua madre che in lingua straniera veicolare, può essere l’ambizione dello studente solo se prima è stata anche l’ambizione del docente.
C’è quindi una stretta correlazione tra competenza linguistica e disciplina ma c’è anche una competenza linguistica che serve al docente in classe, a lezione. È utile quindi considerare l’insegnamento, l’atto didattico, come atto di comunicazione. Se la comunicazione è efficace sfocia in apprendimento da parte degli studenti. Il docente che comunica attraverso l’uso della lingua; nel caso del CLIL deve però essere in grado di comunicare efficacemente nella lingua.
Nella metodologia CLIL la lingua straniera per il docente e per lo studente è una lingua franca, perché è una lingua non nativa utilizzata per comunicare e per apprendere.
Inoltre vi sono codici linguistici non verbali utilizzati per comunicare, come la gestualità, la prosodìa (dare intonazioni ed attribuire accenti ritmici, piuttosto che utilizzare un linguaggio monotonale, per aumentare il volume, rallentare e sottolineare contenuti importanti utilizzando aspetti paralinguistici della comunicazione verbale).
Nei libri di testo dell’insegnamento della lingua capita di non imbattersi in sezioni dedicate all’insegnamento della prosodìa mentre in alcune lingue questo aspetto è molto importante.
È vero che i libri di testo sono importanti e sono stati già programmati per comunicare bene a seconda del target (studenti di scuola primaria o di scuola secondaria); il docente però può agire anche su questi altri registri comunicativi.
La Prof.ssa Coonan ha posto all’attenzione dell’auditorium alcune questioni fondamentali sulla formazione dei docenti CLIL durante il suo intervento, offrendo risposte e spunti di riflessione.
Cosa caratterizza la comunicazione in lingua straniera veicolare? Quali aspetti possono intralciare l’efficacia della comunicazione in aula, a lezione? Ed in definitiva, quali aspetti vanno potenziati nella formazione dei docenti CLIL?
Per poter rispondere a queste domande la Prof.ssa Coonan ha fatto riferimento ad alcuni studi svolti nell’ambito del progetto English Medium Instruction (EMI) che riguarda l’ambito universitario. Aspetti molto interessanti nell’uso dell’inglese come lingua veicolare sono stati indagati da studiosi nordeuropei che hanno vissuto massicciamente l’estensione dell’EMI.
Gli stessi aspetti sono stati meno indagati per quanto riguarda il CLIL ma è comunque possibile ricavare delle indicazioni utili per il CLIL dagli studi svolti per l’EMI.
Le ricerche EMI evidenziano alcune caratteristiche come, ad esempio, la riduzione della velocità dell’eloquio di un docente che parla in una lingua franca.
Inoltre, visto che spesso i docenti si limitano alla lettura di slide, il registro utilizzato è molto più simile alla lingua scritta che al parlato.
Un altro aspetto da rilevare è che il linguaggio del corpo del docente che parla in lingua franca, si attutisca fino quasi a congelarsi. Questo a causa della tensione di trasmettere in maniera comprensibile i concetti agli studenti in una lingua non materna.
Sembrano ridursi anche le strategie pragmatiche come l’uso di esempi, la presenza di riformulazioni, domande e chiarimenti. Risulta ridotto anche il c.d. signposting, ossia la segnalazione dell’organizzazione del discorso o della lezione.
È signposting non fare un esempio, sic et simpliciter, ma anche dire che si sta per fare un esempio (Es.: “Questo è il secondo esempio, ne abbiamo fatto un altro pochi minuti fa…”). Idem per le digressioni. Io docente non solo faccio una digressione ma dico che la sto facendo (Es.: “Questo è un piccolo aneddoto…”). Il ricorso al signposting è utilissimo per organizzare ed orientare l’attenzione degli studenti.
Ebbene un altro degli effetti collaterali osservati nell’uso di una lingua franca è che il ricorso al signposting si riduce fortemente e c’è una minore ridondanza (altro aspetto fondamentale per l’elaborazione delle informazioni che si stanno acquisendo) e una minore organizzazione del discorso.
Ci sono molte similitudini quindi tra CLIL (lingua franca) ed EMI (inglese come lingua franca) ed è per questo che torna utile approfittare degli studi sull’EMI e leggerli in ottica CLIL.