Nell’ultimo periodo si sente sempre più spesso parlare di italiano inclusivo e schwa, cerchiamo di analizzare più da vicino la questione, delineandone un quadro generale.
Cosa si intende per italiano inclusivo
L’italiano, come risaputo, è una lingua flessiva, declina cioè i nomi, gli articoli, gli aggettivi, ecc. in base al numero e al genere (maschile o femminile). In alcune circostanze, tuttavia, questa caratteristica può rendere difficile la comunicazione, in quanto la lingua diventa oggetto di discriminazione nei confronti di numerose persone.
Non è la prima volta, in realtà, che si cerca di affrontare questo problema, già nel 1987, ad esempio, Alma Sabatini scriveva “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana”, focalizzandosi sulla visione maschilista della lingua italiana. Per di più, un linguaggio diviso per genere binario, esclude tutte quelle persone che non si riconoscono in un solo genere. Da qui, nasce la proposta di un “italiano inclusivo”, cioè una lingua che non implica l’assenza di un genere, ma l’inclusività di tutti i generi.
Quando nasce il dibattito sull’inclusività della lingua
Nel suo articolo del 2015, Luca Boschetto, un appassionato di linguistica, analizza le varie soluzioni proposte per rendere l’italiano una lingua più inclusiva. Tra queste le più comuni sono l’utilizzo dei simboli @ e * oppure della vocale u (Es: Buongiorno a tuttu, o tutt*, o tutt@). Tuttavia, queste soluzioni presentano delle problematiche, in particolare i simboli non hanno un equivalente pronunciabile, mentre la vocale u non presenta una declinazione per il plurale. Viene proposta come soluzione l’utilizzo della schwa (ǝ) e della schwa lunga (з), che è sia scrivibile che pronunciabile ed è declinabile sia al singolare che al plurale.
Cos’è la schwa?
La schwa è una vocale centrale media, che nell’alfabeto fonetico internazionale (IPA) viene indicata con il simbolo /ə/. È presente nella pronuncia di alcuni dialetti e italiani regionali, come il napoletano, il ciociaro, il piemontese e nelle varianti orientali dell’emiliano-romagnolo.
Attraverso il suo utilizzo, ogni parola, che si declini al maschile e al femminile, può essere declinata anche in modo non connotato per genere, evitando in questo modo anche il problema del cosiddetto “maschile sovraesteso”, cioè la tendenza ad utilizzare il maschile per riferirsi a gruppi non omogenei o in comunicazioni dirette a un’audience generale. Inoltre, nella pagina italiano inclusivo (link), troverete tutte le informazioni riguardo a come scrivere la schwa sui diversi dispositivi (computer, smartphone, ecc.).
Un dibattito internazionale
L’utilizzo di un linguaggio più inclusivo non si ferma solo alla lingua italiana, ma è una tematica diffusa a livello internazionale. Molte lingue, infatti, si stanno adoperando per diventare più inclusive: in inglese, dove sono i pronomi principalmente ad essere divisi per genere, si sta diffondendo l’utilizzo di “they” in sostituzione di “him/her”; mentre per lo spagnolo, che condivide le stesse problematiche dell’italiano, si sta affermando l’uso della –e (–es al plurale) come desinenza inclusiva.
Infine, il linguaggio inclusivo riguarda ormai diversi aspetti del mondo in cui viviamo. Nel 2020 una traduttrice francese ha segnalato che usando “traducteur” come parola chiave su Linkedin venivano esclusi dai risultati i profili in cui compariva la parola “traductrice”, penalizzando automaticamente questa categoria. L’affermarsi di una lingua più inclusiva potrebbe risolvere quindi non solo problemi etici, legati alle discriminazioni di genere, ma anche problemi legati agli aspetti più pratici delle nostre vite.
Italiano inclusivo e schwa nelle classi di italiano L2
Nell’ottica dell’insegnamento dell’italiano a stranieri, è possibile affrontare questo argomento con studenti di italiano L2? Vista la complessità della tematica, risulterebbe molto difficile spiegare il significato di italiano inclusivo e schwa a delle classi di livello principiante e intermedio, soprattutto per quegli studenti che nella loro lingua non hanno il genere maschile/femminile ed è dunque necessario che imparino prima questa dicotomia presente nella lingua italiana. Su questo argomento si potrebbe discutere con studenti di livello avanzato C1/C2, analizzando l’uso della schwa dal punto di vista sociolinguistico, come alternativa al “maschile sovraesteso” ma specificando che il suo uso non è stato codificato.